Villa Ulivello in chianti





La Villa

Dai documenti in nostro possesso, la villa risale ai primi decenni dell’Ottocento.
Nei contratti che ne accompagnano i vari passaggi di proprietà, che fino al 1917 sono stati abbastanza frequenti, notiamo che viene sempre definita “casa di villeggiatura”, comprendiamo quindi che è una di quelle numerosissime architetture che punteggiano il territorio toscano e che già a partire dal XIV secolo danno corpo all’ideale della “vita in villa”. Si afferma infatti già in quel periodo la consuetudine per le ricche famiglie fiorentine di impiegare le proprie ricchezze nell’acquisizione di terreni nel contado e nella costruzione o nell’acquisto di ville da utilizzare come luogo di evasione e rifugio dalle preoccupazioni e dalle ansie della vita in città.
Vale per tutti l’esempio della famiglia più nota, i Medici, con le loro ville di Careggi, Cafaggiolo, Il Trebbio, la Petraia, Castello, e così via, che ancora oggi possiamo ammirare con i loro magnifici giardini. Erano anche luoghi dove si potevano coltivare l'arte, la filosofia e quant'altro poteva contribuire ad arricchire lo spirito. A questo scopo vi si invitavano poeti, scrittori, artisti e filosofi.
Alle ville erano solitamente collegati dei poderi. Si intende per podere un’estensione di terreno di consistenza tale da poter essere coltivata da una famiglia di contadini, e in grado di produrre almeno il doppio di quanto necessario alla sussistenza della famiglia stessa. Il sistema della mezzadria, che è durato per numerosi secoli fino alla metà del secolo scorso, prevedeva infatti che ogni raccolto, detratte le sementi, venisse diviso in due parti delle quali una andava alla famiglia del contadino e l’altra metà al proprietario terriero. In questo modo il proprietario ricavava quanto necessario al mantenimento della sua tenuta.
Alla villa Ulivello erano collegati 4 poderi: Ulivello, Paretaio I e II, e Sant’Ilario a Petigliolo. L’edificio dove ha sede l’agriturismo Ulivello in Chianti con i suoi locali di somministrazione e vendita diretta era proprio la casa del contadino (o colono, da cui “colonica”) del podere Ulivello. Questo comprendeva terreni che erano in parte da questo lato della via Chiantigiana (dove c’è l’oliveta tuttora esistente) e in parte dal lato oltre la via Chiantigiana. Paretaio I e II erano al di là della via Chiantigiana, più a sud, mentre sempre verso sud ma dal lato villa rispetto alla Chiantigiana c’era Sant’Ilario a Petigliolo.
Altro aspetto importante, ogni villa aveva sempre un giardino, un'area sottratta alle coltivazioni produttive per essere destinata al diletto del proprietario del fondo che vi risiedeva.

Aree verdi intorno alla villa


Le aree esterne si compongono di più parti distinte, in ognuna delle quali troviamo essenze sempreverdi:
Giardino all’italiana posto davanti alla villa verso ovest, con la siepe di bosso che riquadra un’aiuola centrale dove un tempo vi erano alberi di alto fusto, un cedro del Libano e una magnolia. E’ la parte più direttamente collegata alla casa, quasi un’estensione di questa: nelle immagini fotografiche dei primi del Novecento vediamo infatti i proprietari della casa seduti in questa parte del giardino intenti nella lettura.
Il Parco verso nord con alberi di prima grandezza per una protezione dai venti e una sorta di “labirinto” formato da aiuole ombrose di leccio e alloro, con i percorsi segnati da file di pietre, un luogo dove era piacevole passeggiare nelle calde giornate estive.
Oltrepassato il viale di accesso troviamo un percorso bordato da due file di cipressi che in modo scenografico permette di raggiungere un belvedere che offre una vista straordinaria sulla vallata che scende verso il torrente Ema, dove il paesaggio agrario si presenta praticamente intatto, senza manufatti invasivi che ne deturpino l’aspetto l’originario. Vi sono i vigneti, gli oliveti e la cantina di vinificazione di “Torraccia di Presura” che si alternano con boschi di pino e macchia mediterranea. Qui, il paesaggio o meglio la sua “veduta” diventa parte integrante del verde e ne completa la bellezza.
Tornando verso la villa, notiamo a sud oltre i cipressi un’area inerbita di forma squadrata, che in primavera si ricopre di fiori spontanei: era il campo da tennis dove i più giovani fra i residenti della villa trascorrevano con gli amici il tempo libero.
Per finire, lungo il lato est della villa antistante un’oliveta, è stato ricreato un giardino aromatico, con le piante utili da impiegare nella cucina; vari tipi di salvia, rosmarino, timo, alloro, origano... tutte essenze che oggi contribuiscono ad arricchire la cucina dell’agriturismo.

Gli interni: le decorazioni


All’interno della villa si trovano sale con pareti e soffitti decorati.
Al piano terra, in quello che un tempo era l’ingresso, troviamo una decorazione sulle pareti e sul soffitto a trompe l'oeil di gusto neo gotico, dal sapore quasi fiabesco (entrando nella stanza sembra quasi di trovarsi dentro alla scena di uno spettacolo teatrale ambientato in un Medioevo immaginario). Nella sala da pranzo un trompe l'oeil con vedute di città di mare e di lago (si trovano decorazioni analoghe in altre ville del territorio, ad esempio nella villa La Tana a Candeli, anche se lì le pitture sono databili a un periodo precedente). Nel salone, un tempo occupato da un grande tavolo da biliardo poi dall’imponente biblioteca di Guglielmo Ferrero, un soffitto con decorazioni floreali di maniera.
Anche al piano primo ci sono soffitti decorati: nella camera padronale è presente una decorazione a grottesche di raffinata fattura che ritroviamo in altre ville e palazzi storici come Palazzo Vecchio e gli Uffizi a Firenze; nella prima camera una tipica decorazione Liberty con elementi vegetali, uccelli e quattro piccoli ritratti di persone, probabilmente i componenti della famiglia proprietaria che aveva commissionato l’opera; sul soffitto del bagno della sesta camera un decoro con libro, stilo e righello lascia presupporre un precedente uso come “studiolo” di tale ambiente.

I passaggi di proprietà


Ma chi erano i proprietari di questa villa?
Non c'è stata un'unica famiglia, ma molti passaggi di proprietà. Fra la seconda metà dell'Ottocento e i primi del Novecento troviamo anche diversi nomi stranieri, a testimonianza del periodo in cui una numerosa colonia di stranieri (soprattutto inglesi) prese a stabilirsi nel Chianti (oltre che in città) attratta dal clima e dalla bellezza del paesaggio ed anche dai prezzi degli immobili che per loro risultavano decisamente vantaggiosi.
Una famiglia in particolare ha legato il proprio nome a questa villa: quella dello storico, scrittore e sociologo Guglielmo Ferrero e di sua moglie Gina Lombroso, medico e scrittrice. Nomi oggi quasi dimenticati ma che nel periodo fra i primi del Novecento e la II guerra mondiale ebbero vasta notorietà in tutto il mondo culturale europeo ed anche in America.
Guglielmo si distinse in particolare per un celebre saggio sulla storia dell'antica Roma che ebbe una vastissima eco in tutta Europa e gli diede notorietà anche negli Stati Uniti: “Grandezza e decadenza di Roma” (1902-1907).
Non erano fiorentini d'origine: entrambi venivano da Torino (anche se lui nacque a Portici, poiché suo padre, ingegnere delle ferrovie, era solito spostarsi per lavoro), e si stabilirono a Firenze durante gli anni della prima guerra.
Gina era la figlia di Cesare Lombroso, lo psichiatra ed antropologo considerato il padre dell’antropologia criminale, che nell’epoca del positivismo ebbe grandissima notorietà in tutta Europa per i suoi studi che mettevano in relazione i caratteri fisici degli individui con i comportamenti criminali. Guglielmo Ferrero collaborò per un periodo con Cesare Lombroso, e fu proprio a casa di questo che conobbe Gina.
Vivevano a Firenze sul viale Machiavelli, e nel 1917 acquistarono questa "casa di villeggiatura" con i relativi poderi scegliendola proprio perché il vino e l’olio che qui venivano prodotti erano i migliori di tutta la zona.
Nel periodo fra le due guerre, quando cominciò ad affermarsi il fascismo, Guglielmo ne fu da subito un convinto avversario. Questo lo portò ad avere molte noie: era continuamente osservato, spiato, i suoi spostamenti controllati dalla polizia. Gli fu anche ritirato il passaporto.
Per questo ad un certo punto il proprietario della loro casa sul viale Machiavelli si stancò e decise di rescindere il contratto di affitto. Fu così che si trasferirono all'Ulivello.
Ci resta di questo periodo il racconto che ne fece il figlio Leo nel suo libro autobiografico "Diario di un privilegiato sotto il fascismo".
I controlli e la sorveglianza si fecero sempre più pressanti finché nel ‘29 i Ferrero, grazie a un invito ricevuto da Guglielmo per un ciclo di conferenze in Svizzera, riuscirono a riavere i passaporti e a partire, lasciando definitivamente l’Italia e trasferendosi poi negli Stati Uniti.
Guglielmo e Gina non fecero più ritorno alla villa, e così Leo che morì trentenne in New Mexico nel 1933. La villa rimase alla loro figlia Nina che continuò ad usarla come casa di villeggiatura, quindi alla sua morte passò ai suoi eredi anch’essi residenti negli USA.
Quando nel 2013 questi decisero di vendere, la proprietà fu acquistata da Paolo Osti, ingegnere civile, proprietario della confinante azienda vitivinicola “Torraccia di Presura”, che ne ha progettato e curato un attento restauro conservativo sia nella distribuzione che nei materiali utilizzati. Nel corso del lungo restauro sono state recuperate molte delle decorazioni prima descritte che, secondo un uso del periodo, erano state coperte nei primi anni del 900, fortunatamente con una tempera rimovibile. Attualmente la villa e i locali della colonica sono utilizzati per l’attività agrituristica di “Torraccia di Presura”, ed offrono agli ospiti un’esperienza profondamente legata al territorio vissuta in ambienti di particolare suggestione.